#46 PALADINA PER I DIRITTI ED IL BENESSERE DELLE DONNE

ardita profileHa dedicato una vita per aiutare gli altri,  particolarmente donne e bambini. Il suo lavoro consiste nell’impegno per un reale miglioraramento della vita di  donne madri all’interno di una società dominata da una cultura prevalentemente patriarcale. Il suo nome è Ardita Ramizi Bala ed è l’anima ed il corpo del Centro kosovaro per il Benessere delle donne.

Ardita è una signora solare. Sposata con uno psichiatra, è madre di due figli, studenti di Medicina e Ingegneria. Oltre al suo impegno umanitario,  che la impegna tantissimo,  ama stare con i suoi due cani, Leo e Jessica, e ogni sera prima di addormentarsi legge per almeno 45 minuti. Da giovane sognava di vivere in America. Oggi sogna di fare del suo paese, Kossovo,  l’America.

“Sono nata il 13 giugno 1968 a Peja. La mia infanzia era felice. La nostra casa non era molto grande ma dietro casa c’era una collina dove salivamo spesso, portando con noi il pane per fare merenda. Salire e scendere dalla collina era il passatempo preferito di noi bambini” ricorda Ardita. “Eravamo una ventina di ragazze e ragazzi. Giocavamo sempre sulla strada, anche fino alle 10 o le 11 di sera. Non avevamo paura. I tempi oggi sono cambiati, soprattutto dopo la guerra. Io ho due figli all’università. Quando escono di sera mi preoccupo.”

Prima della guerra era tutto diverso, racconta la donna con un po’ di rammarico. I giovani che volevano formare una famiglia potevano permettersi di costruire la casa, come fecero i suoi genitori. Oggi lei e suoi familiari vivono in un appartamento che ha comprato suo suocero. Si poteva viaggiare liberamente. L’educazione era gratuita. “Ammetto, sono un po’  “jugonostalgica”, però le condizioni di vita in Iugoslavia erano migliori di quelle in cui viviamo oggi. Basta guardare quanti soldi devo dare ogni mese per garantire gli studi ai miei due figli.”

Peja, prima del conflitto era una città tranquilla. Molti vicini di Ardita erano di nazionalità serba e andavano d’accordo, nonostante le differenze etniche. Una notte di marzo del 1999 cambiò tutto. Le fu ordinato di lasciare la casa in 5 minuti. “Presi una bottiglia di latte, un po’ di biscotti e con mia figlia in braccio, che aveva solo 3 anni, mio figlio e marito uscimmo in strada.” Quella notte andarono a piedi fino all’Albania e da lì si imbarcarono sull’aereo per la Turchia, dove viveva uno zio di Ardita. Al loro ritorno trovarono la casa bruciata e dovettero ricominciare da zero.

Ardita prima della guerra faceva l’insegnante quando nel 1999 IRC (International Rescue Committee)  le offrì la possibilità di collaborare come educatrice sul tema della violenza di genere .  Non sapeva molto sull’argomento, ma l’interessmento era grande e anche la voglia di imparare. Il suo iniziale compito fu quello di iniziare a parlare con le donne della violenza domestica, superando così un tabù culturale. Per lei fu all’inizio difficile; difatti nella società in cui vive non di rado  c’erano casi di maltrattamenti da parte dell’uomo nei confronti di una donna  che “non compiva il proprio dovere”.

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Dopo aver frequentato un corso sulla violenza domestica e le conseguenze nella vita delle donne, dei bambini e dell’intera società,  Ardita comincia a intessere una fitta rete di relazioni nei villaggi, per creare un ambiente sicuro in cui le donne si sentissero tutelate e libere di parlare  dell’argomento  e delle proprie dolorose esperienze.  Il risultato fu sorprendente,  e si raccolsero tante testimonianze di donne che subivano violenza domestica, di cui alcune chiedevano urgentemente di essere spostate in un luogo sicuro.  Grazie alla collaborazione con l’OSCE (Agenzia europea per la sicurezza e la cooperazione), la Municipalità di Peja e la KFOR, nasce  nel 2002 la prima casa protetta gestita dal Centro per il Benessere della donna. Da allora fino a oggi il rifugio ha ospitato circa 870 donne e bambini.

Nello stesso periodo nasce la collaborazione e l’amicizia tra il Centro  guidato da Ardita e l’Associazione Trentino Balcani.  “Ci domandarono di cosa avessimo bisogno. Noi avevamo da poco aperto la casa protetta, e non avevamo nessuna esperienza. Era una cosa nuova per il nostro paese mentre il Trentino aveva già vent’anni di esperienza ” racconta Ardita.

“La prima cosa che abbiamo chiesto è di poter visitare una realtà trentina, e così ebbe luogo la nostra prima visita studio a Trento. Tante cose ci sono state utili e preziose, anche quelle semplici di ordinaria amministrazione, come  il modo in cui venivano ordinate le cartelle, con i diversi colori e numeri per separare i casi risolti da quelli ancora aperti”, ricorda Ardita i loro primi passi.  “È la pratica che usiamo ancora oggi”, aggiunge sorridendo. La sorpresa maggiore fu per Ardita scoprire che l’attività di quelle  realtà trentine fosse esclusivamente incentrata sulle donne vittime di violenza, senza  al contempo programmi appositi per gli uomini.  “Al nostro centro”, dice, “è diverso. Cerchiamo di fare incontri con gli uomini e attività di sensibilizzazione. Se separi la donna dall’uomo, lei dopo tornerà a casa e il marito si comporterà allo stesso modo. Se vogliamo avere una società migliore, è importante lavorare con entrambi i generi.”

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Lo scorso anno un gruppo di studenti trentini ha fatto visita al Centro di Ardita e sono stati tenuti diversi incontri  sul tema della violenza di genere. Dalle discussioni sorte è emerso che anche le ragazze italiane sono soggette alla pressione frutto di una mentalità patriarcale che mette l’uomo in una posizione superiore rispetto alla donna. “Credo che sia importante che le giovani vengano maggiormente informate ed educate su questo tema per superare i retaggi culturali.”

Per il futuro Ardita spera di  continuare la collaborazione con il partner trentino. L’esperienza passata l’ ha fatta crescere professionalmente, ma soprattutto umanamente. “Resto”,  conclude con un sorriso, “sempre aperta a nuove sfide perché il mio sogno rimane quello di far si che la società in cui vivo abbia sempre a cuore il benessere delle donne e raggiunga al più presto pari opportunità per tutte e tutti.

di Emina Ristovic

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PROGETTO
Il Centro per il Benessere delle donne nasce nel 2002 con l’obiettivo di lavorare con le famiglie,  di cui i membri sono vittime delle violenze in primis, ma anche con chi le perpetua. Moltissime sono le attività di formazione e sensiblizzazione della comunità e dei giovani in particolare, per prevenire e superare la violenza domestica, portate avanti con supporto delle istituzioni locali e dell’Associazione Trentino con Balcani, partner internazionale da diversi anni.
CONTESTO
La città di Peja/Peć si trova nel centro della regione più occidentale del Kosovo, ai piedi delle montagne che si ergono sulla gola della Val Rugova. L’area in cui si trova è di grande interesse storico e geografico e vanta la presenza di importanti simboli delle diverse comunità etniche presenti sul territorio: antiche residenze albanesi (kulle), antiche moschee e il patriarcato ortodosso serbo. Nonostante la guerra sia finita nel 1999, Peja/Peć resta terra di forti differenze. Differenze che richiedono percorsi di elaborazione e trasformazione del conflitto e integrazione sociale, ma che sono anche ricchezze da valorizzare verso la sfida di uno sviluppo consapevole ed integrato.
L’associazione Trentino con i Balcani – ATB coordina le esperienze di solidarietà internazionale, cooperazione e scambio fra la comunità trentina e territori diversi del Sud Est Europa, tra cui c’è anche il Kossovo nel quale è presente dal 1999.

Una risposta a "#46 PALADINA PER I DIRITTI ED IL BENESSERE DELLE DONNE"

  1. Emy ha detto:

    L’ha ribloggato su Il mondo intorno a mee ha commentato:
    Una delle 60 storie a cui realizzazione ho partecipato. 60 storie è un blog che parla della cooperazione di comunità trentina in Mozambico, Vietnam e Balcani, da dove vengo. Questa è la storia di una donna eccezionale, che ho avuto modo di intervistare e conoscere, di nome Ardita. Viene dal Kosovo dove gestisce il Centro per il Benessere delle donne.

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